INDIOS URBANOS Intervista di Luca Meola
Ho conosciuto Jefersom circa tre anni fa. Della questione indigena in Brasile, mi ha incuriosito l’esperienza della sua band, Oz Guarani, l’unico gruppo rap indigeno di San Paolo. Mi ha sempre affascinato parlare con Jeff. Parla poco, tono basso e voce pacata. Soppesa sempre bene le parole prima di pronunciarle. Certo, cose vanno lette tra le righe. Io ho imparato in questi anni ad avere pazienza per riuscire ad intuire qualcosa di questo suo mondo, così distante dal mio. Di Jeff so una cosa. Non ne abbiamo mai parlato apertamente, ma l’anno scorso ha vissuto un periodo difficile: si è allontanato dalla famiglia e ho notato che bevesse forse più del dovuto. Dopo qualche tempo, mi ha sorpreso la sua capacità di ritrovarsi e diventare un punto di riferimento per la famiglia e la comunità. È ormai un esempio per tanti ragazzi più piccoli.
Jefersom è uno dei protagonisti della terra indigena do Jaragua, una riserva indigena nella zona nord-ovest di San Paolo, abitata da circa 700 persone di etnia Guarani Mbya. Da quando vivo in Brasile accompagno, da fotografo, i movimenti indigeni, documentandone le lotte e le contraddizioni. La voce di Jefersom ci dà un’immagine del Brasile di oggi e del cambiamento sperato in una società estremamente disgregata, dove gli uomini e le donne delle popolazioni native sono all’ultimo gradino sociale. Negli ultimi decenni l’inarrestabile espansione della megalopoli di San Paolo ha inglobato i territori delle comunità Guarani. Di tutti i villaggi indigeni la terra do Jaragua è una tra le meno estese e più densamente popolate. In queste baracche di legno i guerrieri Guarani sono divisi tra le culture tradizionali e le molteplici sollecitazioni esterne, tra rituali collettivi che rafforzano il loro spirito di comunità e l’uso sempre crescente, ad esempio, dei social network. Questi contrasti spesso portano a comportamenti devianti, come la diffusione dell’alcolismo e alti tassi di suicidio. In queste condizioni cultura e identità non sono fisse, ma soggette a cambiamenti e ad una continua ridefinizione.
Voglio ritrarre Jeff. Siamo dentro la Opy, la casa di preghiera, la capanna più importante di tutto il villaggio. Si tratta del luogo dove i Guarani si trovano per cantare e pregare. C’è sempre un fuoco acceso. Jeff si siede e comincia a fumare tabacco nella Petygua, la pipa. Il fumo del fuoco si mischia a quello della pipa. La luce filtra morbida tra le tavole di legno della capanna. C’è una atmosfera confidenziale, quasi mistica e una luce stupenda per poter realizzare un bel ritratto di Jefersom.
L: Ti puoi presentare?
J: Il mio nome è Jefersom e ho 19 anni. Il mio nome indigeno è Xondaro (guerriero) e vivo nella terra indigena di Jaraguà.
L: Se ti dovessi presentare a degli sconosciuti quali parole sceglieresti?
J: “Determinazione”, “forza” e “fede”. Nell’aldeia*1 dove vivo hai bisogno di determinazione e di fede per credere che le cose si realizzeranno nel futuro. Qui ci sono molti giovani che stanno resistendo, lottando per la sopravvivenza e la demarcazione della terra, per la cultura*2. La gente di qui la forza ce l’ha tutti i giorni, è una cosa che ci contraddistingue. Credo che “forza” sia una parola importante che contraddistingue il mio popolo, un popolo che resiste. La fede è importante perché uomini e donne indigene possano continuare a credere e non si perdano durante il cammino. È molto triste perdere delle persone della nostra comunità. Io ho fede che in alcuni anni riusciremo a garantire questo territorio per le nuove generazioni.
L: Qual è stato il tuo primo contatto con il rap?
J: Io sono nato nella baixada (regione tra Sao Paolo e la costa) e sono arrivato qui a 4 anni. Quando sono arrivato era diverso, c’era più foresta, c’erano fiumi che oggi sono inquinati a causa della crescita della città. Un tempo il villaggio era immerso nella natura, oggi attorno a noi ci sono solo favelas. Negli anni ‘70 in cima alla montagna dove viviamo sono state installate delle antenne televisive e negli ultimi decenni l’inarrestabile processo di crescita della metropoli ha distrutto il nostro ambiente. Insomma, qui nell’aldeia le persone ascoltano la musica, chi il sertanejo, chi il raggae. Io ho cominciato ad ascoltare gruppi tipo RZO o Sabotagem, che suonavano hip hop e ho cominciato ad identificarmi con l’hip hop. Il rap ha sempre ha fatto parte della mia vita. Con altri ragazzi abbiamo cominciato a suonare, così per gioco, a fare battaglie di rima, sempre per gioco. Fino a quando, quattro anni fa, abbiamo fondato un gruppo.
L: Cosi avete formato il gruppo OZ Guarani. Perché questo nome?
J: Allora…per alcune persone “OZ” è il mondo magico, incantato, il mondo senza miseria. Per noi OZ è Zona Oeste (Zona Ovest) a inziali invertite, perché qui siamo nella Zona Oeste di San Paolo. All’inizio quando il gruppo è nato c’era molto pregiudizio rispetto ai musicisti indigeni. Molte persone che ci guardavano ai concerti dicevano che l’hip hop non aveva nulla a che fare con la cultura indigena. Ma poi è passato del tempo e, pensando alla difficoltà e alla sofferenza del nostro popolo, abbiamo capito che l’hip hop centrava eccome! Perché l’hip-hop è una forma di resistenza e il nostro popolo resiste. Usiamo questo strumento come difesa e quindi si, ha assolutamente senso! Al giorno d’oggi abbiamo compagni non indigeni che ci aiutano e ci appoggiano, a San Paolo ma anche da fuori. L’hip ho, credo, ha aperto un po’ le mente di coloro che avevano pregiudizi, come quelli che addirittura non sapevano esistessero indigeni a San Paolo. Quindi il rap ha aiutato a farci conoscere e far conoscere le parole della nostra identità originaria, la nostra forma di vita, il nostro modo di essere guarani. Perché là fuori queste questioni si imparano solo sui libri e la realtà di oggi è molto diversa da ciò che succedeva in passato. In questo senso l’hip hop ha la capacità di comunicare dei messaggi, parlare della nostra lotta e far capire cosa noi vogliamo per il nostro futuro: cioè l’importanza della demarcazione della terra, l’importanza di proteggere la natura.
L: Quali sono le parole che usate di più nelle vostre canzoni?
J: “Demarcazione della terra”, questo credo sia super importante. Senza demarcazione un indigeno non si sente bene, non si sente libero, il suo spirito diventa più debole. Senza demarcazione non può portare avanti il nostro modo di vita, il Nhandereco*3. E senza demarcazione noi perdiamo l’identità perché la popolazione non indigena ci cresce attorno e la nostra terra diminuisce sempre più. Ciò che ci rimane oggi è questo poco spazio, che ancora oggi non è demarcato. Quindi in tutte le mie canzoni io non smetterò di parlare dell’importanza della demarcazione.
L: Ci sono parole a cui vi opponete?
J: Io toglierei dal mio dizionario “pregiudizio” e “mancanza di rispetto”. Anche se oggi la popolazione non indigena sa che abbiamo accesso alla scuola e a diritti che difendono la nostra causa. Il giorno d’oggi è diverso da una volta, tempo fa noi non potevamo camminare in strada o andare nel supermercato, non potevi stare solo perché correvi dei rischi. Anche oggi siamo in pericolo, ma la nuova generazione sa come difendersi anche grazie alla conoscenza della legge e alla scuola. Oggi è più difficile che un non indigeno venga, ti giudichi, ti minacci, un indio*4 già sa come difendersi. Nella stessa maniera in cui noi trattiamo i non indigeni, noi vorremmo essere trattati allo stesso modo. Quindi eliminerei dal dizionario “pregiudizio” e “mancanza di rispetto”, non solo dal dizionario ma dal mondo. So che questo non cambierà presto, forse mai. Noi fin da bambini impariamo dai nostri paje*5 e dai nostri leader a trattare gli altri come vorremmo essere trattati noi. Uno può avere 80 anni, uno 16, un altro 10 anni e tutti a prescindere dall’età meritano rispetto.
L: In quale lingua cantate?
J: È importante usare la nostra lingua madre, il guarani, perché è un modo per identificarci e rafforzare la nostra cultura. Ci sono poi persone che vivono in villaggi molto lontani dalle città, che parlano poco o niente di portoghese. Alcuni bambini, ad esempio, non lo parlano ancora e la lingua materna serve a comunicare la lotta. Cantando in guarani i più giovani e i più vecchi del villaggio ci possano capire. Cantiamo in portoghese per mandare messaggi alla popolazione non indigena. A noi piacerebbe cantare solo in guarani, ma molte persone di fuori non ci capirebbero.
L: Che pensi del tuo futuro?
J: Per noi è stato molto difficile mettere in piedi un gruppo, registrare la musica, produrre dei video clip. Siamo arrivati qui grazie a chi ci ha appoggiato, ai nostri sforzi, alla nostra fede. Ma crescendo uno ha più responsabilità. In certi momenti la musica ti aiuta, ma poi capisci hai bisogno di dedicarti ad altro nella tua vita per poter sopravvivere. Da una parte credo molto nel gruppo, ma dall’altro vorrei fare l’università e avere una professione. Non lascerò il gruppo, mi ci dedicherò sempre, ma quello che volevamo l’abbiamo raggiunto; cercare di migliorare le condizioni di vita del villaggio. Noi continueremo con il rap ma da qui a 20, 30, 40, 60 anni magari non ci saremo più. Forse mia figlia si potrà ispirare a me e continuare la mia lotta o il figlio di Mirindju o della Giseli *6. Quindi credo che l’hip hop, quello che abbiamo costruito non finirà, ci sarà sempre qualcuno che lo porterà avanti. Questo è il cammino, questa è la forma che abbiamo trovato per difendere i nostri diritti e così continueremo il cammino.
YouTube Oz Guarani
https://www.youtube.com/watch?v=hyyBB_xf3jo
https://www.youtube.com/watch?v=ZHj5Aq685T0&t=100s
https://www.youtube.com/watch?v=iXIpDa28HQU
Link al progetto Indios Urbanos
www.lucameola.com/indiosurbanos
*1 Aldeia significa villaggio.
*2 La demarcazione di una terra indigena mira a garantire il diritto indigeno alla terra. Dovrebbe stabilire la reale estensione della proprietà indigena, garantendo la protezione dei confini delimitati e impedendo l’occupazione da parte di terzi. Si tratta di un processo lungo e complicato che comincia con uno studio antropologico integrato da ricerche di natura etno-storica, sociologica, legale, cartografica e ambientale.
*3 Stile di vita secondo usi e costumi propri dell’etnia guarani.
*4 Jefersom utilizza sia il termine indio che indigen. Lo fa trasmettendo diversi significati. C’è, infatti, una differenza sostanziale. Indio è la prima parola utilizzata dai portoghesi arrivati in Brasile. Oggi ha un senso dispregiativo. Indigen invece si riferisce alle popolazioni autoctone di un territorio.
*5 Le guide spirituali delle comunità indigene.
*6 I nomi degli altri due componenti di OZ Guarani.